La guida al mondo offshore
Nell’ambito dell’elusione fiscale, una delle operazioni più diffuse è quella del transfer pricing: una multinazionale che vende prodotti su un’area geografica molto estesa, la cui produzione è situata in un paese a regime fiscale ordinario, crea una sua filiale in un paradiso fiscale; i beni prodotti che, ad esempio, hanno un valore di mercato di 100 euro, e un costo di produzione di 50 euro, anziché essere venduti direttamente ai clienti sparsi per il mondo, vengono venduti alla propria filiale con sede nel paradiso fiscale, ad un prezzo di 51 euro.
La filiale provvederà poi a rivendere i prodotti al prezzo di mercato di 100 euro. Facendo in questo modo la società pagherà tasse su un utile di 1 euro nel suo paese di origine, e sui restanti 49 euro potrà godere del regime fiscale agevolato a cui è assoggettata la filiale con sede nel paradiso fiscale.
In alcuni casi si va anche oltre: se il prodotto viene venduto alla filiale sottocosto, la società registrerà una perdita nel suo paese, potendo godere, quando e dove previsto, di incentivi per il ripianamento della sua situazione finanziaria, e ottenendo tutto l’utile nel paradiso fiscale.
A garanzia di una corretta imposizione fiscale, c’è la legislazione CFC (Controlled Foreign Companies). L’art. 167 – Disposizioni in materia di imprese estere controllate – TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) disciplina la tassazione in questi casi.
Un caso a parte, ben più grave, è rappresentato dal riciclaggio del denaro derivante da operazioni illecite, che spesso viene fisicamente trasportato all’estero per essere depositato in istituti di credito di paradisi bancari, o impiegato in holding localizzate presso i paradisi finanziari che lo investono sul mercato mobiliare e immobiliare.