La guida al mondo offshore
Il primo dato da acquisire è se tra i due Paesi ci sono o meno trattati di doppia imposizione fiscale. Dove non ci sono, se il contribuente è nelle condizioni di “dover” pagare le tasse su di un reddito prodotto all’estero, allora dovrà pagarle sia nel paese di residenza fiscale che di domicilio fiscale.
Se esistono questi accordi invece si hanno delle agevolazioni nel pagamento delle tasse nello Stato, ad esempio, in cui viene prodotto il reddito e si ha il domicilio: si paga anche la differenza sull’imposizione fiscale rispetto all’altro (quello del domicilio fiscale) logicamente se la tassazione è più elevata (ad esempio se nella nazione nel quale viene prodotto il reddito le tasse sono 5, e nel Paese del domicilio fiscale si pagano per 8, allora si pagano le ‘5’ nel primo e ‘3’, per la differenza, nel secondo).
Gli accordi bilaterali variano da Paese a Paese (convenzione importante per l’ Italia è ad esempio quella con San Marino). Quello che rimane costante è che, per il fisco italiano, per poter considerare un soggetto nella posizione di contribuente obbligato, basta che vi sia in Italia il domicilio fiscale, che viene individuato non tramite residenza, ma indicato semplicemente nel luogo dove una persona ha il “centro” vitale dei propri affetti ed interessi (come famiglia e figli, rette scolastiche, iscrizioni a palestre, bollette e utenze di vario tipo, ecc).
Quindi se di fatto si risiede e si ha un lavoro all’estero (come ad esempio su di una piattaforma petrolifera Saipem) per oltre i 183 giorni fissati come tolleranza per l’elezione del domicilio non in Italia, ma si ha una casa in affitto dove le utenze sono intestate a proprio nome, allora per il fisco ci sono le condizioni di domicilio fiscale, con conseguente tassazione italiana. La materia è comunque resa ancora più complessa per una serie di eccezioni che riguardano alcuni impieghi rispetto agli altri, per cui bisogna sempre avvalersi di un fiscalista tributarista specializzato in questo campo.