Il significato, gli effetti e le conseguenze del signoraggio bancario

Il tema del signoraggio (termine che deriva da una pratica che veniva seguita nel medioevo con il conio delle monete per il quale lo Stato aveva il “diritto di signoraggio”), è tornato di moda, soprattutto a causa della sua associazione al concetto di usura bancaria.

La definizione, in economia è quella di “reddito” che proviene in modo diretto o indiretto dall’emissione di nuova moneta (che è pari nel nostro sistema agli interessi dei titoli di Stato) o che in generale deriva dall’attuazione delle operazioni di politica economica.

Legami con l’usura bancaria?

Fattivamente il signoraggio e l’usura non hanno legami, in primis perché il signoraggio non è un reato. Ci sono delle teorie che parlano di un complotto portato avanti dalle banche centrali, ritenendolo la causa principale (e per gli estremisti praticamente la sola causa) del debito pubblico: per cui eliminando il signoraggio si eliminerebbe il debito pubblico. Il legame in questo caso sarebbe dovuto al fatto che il valore nominale delle banconote stampate non è corrispondente a quello intrinseco, in quanto si devono sostenere dei costi per coniare moneta. Per cui il signoraggio è pari a questa differenza. In ogni caso oggi si parla di signoraggio bancario, perché l’acquisto dei titoli di Stato avviene da parte delle banche.

Quali i suoi effetti?

Quando veniva esercitato il diritto di signoraggio da parte dello Stato, che apponeva il proprio sigillo sulle monete coniate, così da farsi garante del suo valore, e rendere le monete accettate ovunque sul suo territorio, ne riceveva un vantaggio economico, sotto forma di “contributo” per le sue casse (vedi anche Capitali all’estero non dichiarati). Tuttavia spesso accadeva che le finanze non fossero particolarmente solide, e che non si potesse procedere con l’aumento delle tasse o con altre operazioni di autofinanziamento. In questo caso si decideva di coniare più moneta di quella di cui necessitava il sistema, considerato che la produzione di beni e servizi non cresceva in modo analogo, ma restava fissa (operazione tra l’altro effettuata con un impoverimento della quantità di metallo prezioso in essa contenuto).

Questo portava ad una perdita del valore reale delle monete, perché il loro numero diventava eccessivo rispetto alla quantità di beni in circolazione acquistabili, causando un effetto inflattivo (il che non ha nulla a che fare con il fatto che ci fosse meno metallo prezioso, in quanto la moneta non è un bene in sé ma è un bene di scambio). Tuttavia dato che quando veniva coniata più moneta, con conseguente impoverimento del potere di acquisto (dovuto all’inflazione), contemporaneamente si risparmiava sull’uso del metallo prezioso, e per alcuni è proprio questa la vera causa della sua perdita di valore, e di conseguenza del’l’incremento del debito “pubblico”. Questo effetto è diventato evidente soprattutto quando la forma di autofinanziamento è stata basata sull’emissione di titoli di debito pubblico, con conseguente obbligo di rimborsarli, congiuntamente agli interessi, che a causa dell’inflazione crescevano in modo spropositato, così come avveniva per il debito pubblico stesso, e con l’introduzione delle banconote in carta, che beneficiavano di bassi costi di produzione e possibilità di attribuire i valori in modo del tutto arbitrario.

Nella zona Euro, il ruolo della Bce

Con l’ingresso dell’euro, è la Bce che emette moneta in “concorso” come le Banche degli Stati membri (vedi anche Segreto bancario). Il sistema di produzione del reddito inteso come signoraggio tuttavia viene annualmente trasferito alla Bce che poi provvede alla sua ridistribuzione tra le varie banche centrali che, a loro volta ,fatte le operazioni di accantonamento e storno di spese di gestione, amministrazione, ecc traferiscono i redditi da signoraggio rimanenti alle rispettive casse dello Stato membro.