La guida al mondo offshore
Capitale | Nuova Delhi |
Lingua | Inglese, hindi |
Moneta | Rupia indiana |
Forma Istituzionale | Repubblica parlamentare federale |
Imposte principali |
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Il regime di tassazione applicato è molto articolato, basandosi sull’individuazione di tre posizioni, che aggiungono a quella classica del residente e del non residente, anche quella del non “ordinariamente” residente.
Per quanto riguarda la tassazione dei redditi di persone fisiche c’è un sistema a scaglioni, che prevede totale esenzione sotto le 200 mila rupie, dalle 200 mila alle 500 mila l’aliquota è del 10%, poi dai 500 mila al milione di rupie sale al 20%, e quindi 30% oltre tale soglia. Per le persone over 65 anni l’esenzione è fino a 250 mila rupie. Per i non residenti è prevista l’aliquota fissa del 20%, più il 3% di contributo per l’istruzione. A questa si aggiunge la tassa sulla ricchezza. I proventi da capital gains sono tassati al 20%.
Il reddito da società (vedi anche Come aprire una società offshore) prevede un’aliquota fissa del 30% per le società residenti e 40% per quelle non residenti, ed in entrambi i casi c’è l’aggiunta della sovrattassa del 5% per i residenti e 2% per i non residenti, se il reddito imponibile supera i 10 milioni di rupie. Con la nuova tassazione, ancora non operativa, per società residenti (e non) ci sarebbe una sola aliquota al 30% senza più sovrattassa.
In più è stata introdotta la Minimum tax, che qualora si verificassero i presupposti, porterebbe a una riduzione della pressione fiscale, con applicazione dell’aliquota al 20%. Anche le persone giuridiche sono sottoposte alla tassa sulla ricchezza. L’aliquota per i proventi da capital gains per le società è al 16,66%.
Sono presenti differenti aliquote per la cessione dei beni all’interno dei vari stati dello stato federale indiano, che variano dal 12,5% al 15%. Esistono anche aliquote agevolate, comunque variabili, comprese tra il 4% e il 5%.
L’India negli ultimi anni ha intensificato la stipula di accordi con i vari Paesi industrializzati. Tra gli accordi figura anche l’Italia, con firma avvenuta all’inizio degli anni ’90, per evitare la doppia imposizione fiscale.